Nel mercato post-moderno ormai “maturo”, dove regna la competizione serrata, e dove il consumatore è in grado di trovare davvero tutto ciò che vuole, per vendere le aziende hanno studiato i loro clienti, ne hanno compreso i desideri e i bisogni, ed hanno capito che, in una società come la nostra, “ricca” di prodotti non è la necessità a spingere i consumi, ma le emozioni. Il consumatore non è un soggetto totalmente razionale, è necessario partire da tale presupposto ed accantonare la logica bisogno/acquisto, che può, solo in parte, trovare aderenza con la realtà del mercato, il consumo risponde prevalentemente a necessità di carattere psicologico e sociale.
I bisogni del consumatore si tramutano in desideri quando viene individuato uno specifico oggetto che può soddisfare il bisogno. Philip Kotler, nel testo Marketing Management giunto alla sua undicesima edizione esprime tale concetto dicendo: “Un americano può aver bisogno di cibo e desiderare hamburger, patatine fritte e una bibita. Una persona residente alle isole Mauritius ha bisogno di cibo, ma può desiderare un mango e del riso. I desideri variano a seconda della società in cui vengono espressi”.
L’analisi diacronica delle motivazioni d’acquisto che nel tempo hanno caratterizzato i consumi in una determinata area geografica, consente di costruire “la cassetta degli attrezzi” da utilizzare per stimolare le pulsioni interiori dei possibili acquirenti.
Le strategie di Marketing, quindi, si orientano sui plus di prodotto, nel mercato delle auto si punta alla solidità, all’affidabilità ed al design, le banche costruiscono mutui e conti correnti su misura, nell’alimentare si punta al benessere fisico ed alla qualità dei prodotti.
L’arma vincente rimane comunque il saper comunicare, dell’automobile non se ne può fare a meno, ad influenzare, però, la scelta di acquisto non è più la funzionalità ma lo stile di vita, le sensazioni che un modello è in grado di suscitare in chi lo acquista.
Il claim della nuova Saab 93 1.9 TiD dice: <<Finalmente la potenza è in buone mani>>, si vuole far percepire al potenziale possessore, oltre al concetto di vettura performante, soprattutto quello che: “solamente tu che acquisti la potrai domare”. Noi “maschietti” ed in particolare in Italia, viviamo con il “sogno Ferrari”, da bambini giochiamo con le piste elettriche, da adolescenti guidiamo i go-kart e da adulti ci sentiamo tutti piloti di Formula Uno.
Tutto questo porta alla conclusione che non sono più le imprese a “creare i bisogni”, perché il bisogno è preesistente nella mente del consumatore. Mercedes Benz promuove l’idea che l’acquisto di una sua vettura soddisferebbe i bisogni in termini di status sociale. Ma non è certo la casa tedesca ad aver creato il bisogno nel consumatore di raggiungere uno status sociale e soprattutto ad esprimerlo. David Packard di HP sostiene che: “il marketing è troppo importante perché possa essere gestito e compreso dalla sola divisione marketing”. Il marketing non è un dipartimento, quanto un orientamento dell’impresa che deve essere seguito da tutti i suoi componenti. Il tessuto imprenditoriale italiano è composto, per una grossa percentuale, da aziende di piccole e medie dimensioni, gestite da famiglie che ne hanno visto l’ascesa, e che vivono, in questi anni, un difficile passaggio generazionale. All’imprenditore “vecchio stampo”, ancora legato alla tradizione artigianale ed alla gestione individuale di tutti i processi aziendali, è molto difficile far percepire l’importanza del marketing, ritenuto spesso un costo e non una risorsa in grado di produrre ricavo.